La mia tardiva opinione sul video della Funivia di Mottarone

Antonio Pavolini
3 min readJun 18, 2021

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Prima di farmi un’idea sul video della funivia, e sull’opportunità di pubblicarlo, ho preferito leggere i vostri post. sta diventando un metodo, quello “di arrivare tardi”, anche perché la FOMO/FOMI è una brutta bestia, che segue logiche non molto diverse da quelle che spingono molte testate a fare, come si dice, “pornografia del dolore”.

Mi sono convinto che sia necessario, anzitutto, evitare di prendere posizioni identitarie o di “difesa di categoria”.

Sono ridicoli i giornalisti che si difendono con “non si insegna un mestiere a chi lo fa da 20 anni”, ma non riesco ad allinearmi con chi attacca la pubblicazione del video in quanto “esponente autoproclamato o riconosciuto di una informazione ideale, libera dalla casta, e quindi onesta e partecipata”. La difesa del proprio personal brand è persino peggio della difesa della categoria, temo.

Non credo di essere sospettabile di indulgenza verso la stampa e la sua crescente tendenza al clickbaiting e al presidio dell’attenzione come una ragione di vita, o meglio di sopravvivenza.

Credo che la linea rossa che ci fa ritenere giusto o sbagliato pubblicare un contenuto come il video della funivia non passi da questioni come “se la gente non avesse visto le persone gettarsi dalle torri gemelle non avrebbe capito che quello che sta succedendo è reale, e non fiction”, “così le persone capiscono l’importanza di quello che sta succedendo”, “una notizia va data, sempre” o altre argomentazioni del genere.

Secondo me la linea “sì/no” non passa nemmeno dalla “quota di orrore/dolore”, quandi anche le argomentazioni di tipo strettamente etico sono molto scivolose.

Dopo aver riflettuto, alla fine torno sempre lì. il video può, anzi deve essere pubblicato se risponde all’idea “antica” di giornalismo, e cioè fornisce alle persone strumenti per farsi un’idea (propria, non indotta) su quello che è successo.

A mio (tutt’altro che non sindacabile) parere, non va pubblicato quindi:

  • se, puntando sull’indignazione che gioca con le leve emotive, serve ad avvalorare l’idea “precotta” della testata (esempio: è tutta colpa della scarsa manutenzione, e quindi dell’avidità), anche quando la condividiamo.
  • se serve a fare clickbait puntando sul nostro irresistibile desiderio di vedere qualcosa di anche ipoteticamente splatter (e hai voglia a pixelare, togliere l’audio, ecc. — a immaginare audio e facce ci pensiamo noi, purtroppo)
  • se non contiene elementi che ci facciano capire meglio cosa è successo, e che non poteva essere descritto meglio in un altro modo (ho visto poche ricostruzioni tecniche sull’accaduto, in compenso molte dichiarazioni di parenti e familiari ovviamente straziati)

Insomma, la linea rossa è difficile da individuare perché riguarda anche le intenzioni della decisione redazionale. se la testata crede, in buona fede, di darci elementi razionali (e non emotivi) per aiutarci a capire cosa è successo, e magari ci dà anche una mano a contestualizzare, per quanto mi riguarda può anche pubblicare il video.

Se lo fa “perché comunque lo faranno altri, e tutti andranno a leggere su quella property”, o per uno dei motivi già citati, ovviamente no, torniamo nella logica predatoria del presidio dell’attenzione che è ciò che sta distruggendo l’ecosistema dell’informazione.

Lo so, avreste preferito una risposta più netta, con più certezze, ma da sempre sono uno che preferisce seminare dubbi.

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